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domenica 5 febbraio 2017

Morì per le infezioni contratte dopo l' intervento, la famiglia chiede giustizia.

04 febbraio 2017 19:08


LECCE - La nuova battaglia della famiglia di Franca ha prima di tutto un obiettivo: ottenere verità e giustizia. C'è anche il desiderio di contribuire a cambiare le cose: "Non deve accadere mai più. Lo facciamo solo per lei, del resto è l'ultima cosa che resta da fare", racconta l'avvocato Dario Malinconico incaricato dagli eredi di Franca, 64 anni di Acquarica Del Capo, di curare i loro interessi e aiutarli a fare luce su questo

La paziente nel giugno 2015 era stata sottoposta a un intervento cardiochirurgico presso la clinica Città di Lecce con innesto di arteria mammaria interna di sinistra per la rivascolarizzazione miocardica. Un intervento programmato e riuscito, tanto che il decorso post operatorio non evidenziò problemi di alcun tipo. A pochi giorni di distanza la donna continuava a non migliorare e il 21 giugno 2015, insorgeva nella paziente stato febbrile trattato con Perfalgan e richiesta di indici di flogosi. Persistendo lo stato febbrile, in data il 29, giorno programmato per le dimissioni veniva effettuata emocoltura e, solo a partire da tale giorno, veniva avviata terapia antibiotica con Targosid. L'esame di emocoltura risultava positivo per "Esterichia coli". Nonostante il quadro clinico non evidenziasse un miglioramento delle condizioni, la donna era stata dimessa dal reparto riabilitativo, in data 13 luglio, con segnalata iperpiressia e valori elevati di Ves.

Al termine del breve periodo trascorso a casa, la paziente era stata nuovamente ricoverata in clinica e dopo un po' di tempo accusò un rialzo febbrile importante, tanto che le analisi evidenziarono la presenza di un'altra infezione la "Klebsiella pneumoniae". A causa di queste patologie la 64enne morì il 19 ottobre. Un decesso la cui responsabilità, secondo i familiari, è da attribuirsi alla clinica: la loro accusa è che l'infezione "nosocomiale" che ha condotto Franca alla morte sarebbe stata presa nel corso della degenza post operatoria. Rilevante, sempre per i parenti, sarebbe la circostanza che, nel periodo in cui la paziente era stata ricoverata e sottoposta a intervento chirurgico, la "Città di Lecce Hospital" era interessata da opere di ristrutturazione con presenza all'interno della struttura di un cantiere.

Adesso i familiari intendono chiamare in giudizio la clinica davanti al tribunale competente: la (legittima) richiesta è di accertare la responsabilità dell'accaduto ed in caso di condanna dell'azienda sanitaria, a farle risarcire tutti i danni subiti «nella misura ritenuta di giustizia», senza indicare una somma. Sarà la magistratura a dare tutte le risposte. Le cronache e non solo, osserva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", associazione che nelle sue molteplici attività per la tutela dei cittadini, dà anche voce ed assistenza alle vittime della malasanità, ovvero a coloro i quali hanno subito danni ascrivibili ad errori medici, spesso ricercando le verità, da tempo riportano casi di morti sospette di cui i responsabili spesso sono le Infezioni Ospedaliere. Entrare in ospedale per un banale intervento chirurgico e non uscirne vivi a causa di un'infezione contratta in sala operatoria, succede molto più frequentemente di quanto si possa immaginare ed è un fenomeno che va assolutamente frenato e impedito.

Fonte: http://www.lecceprima.it/cronaca/mori-per-le-infezioni-contratte-dopo-l-intervento-la-famiglia-chiede-giustizia.html

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