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venerdì 24 marzo 2017

Maxi risarcimento per sangue infetto

Malasanità maxi risarcimento da un milione per sangue infetto

L' uomo operato per un bypass al cuore aveva contratto l'epatite, la cirrosi epatica e quindi un tumore al fegato che lo aveva portato alla morte nel 2003

 24 Mar 2017

CAGLIARI – Durante un’operazione nell’ospedale di Sassari, per un bypass al cuore, aveva ricevuto con una trasfusione del sangue infetto nel 1988. Poco dopo aveva contratto l’epatite, la cirrosi epatica e quindi un tumore al fegato che lo aveva portato alla morte nel 2003. Ai familiari di Salvatore Furesi, di Alghero, già dipendente dell’Enel, ora il ministero italiano della Salute dovrà pagare 960mila euro. Lo ha deciso il giudice monocratico del tribunale di Cagliari Doriana Meloni.

Alla moglie e ai tre figli – come ha anticipato il quotidiano La Nuova Sardegna – dovrà essere versato il risarcimento al termine di una causa che era stata avviata dallo stesso Salvatore. Secondo il giudice di primo grado è a causa delle trasfusioni che l’uomo, difeso dall’avvocato Alberto Oggiano, ha contratto la grave malattia, poi degenerata, che lo ha portato alla morte.

Il tumore epatico (carcinoma epatocellulare) è la complicanza più grave dell’infezione cronicada HCV e si presenta nel 4-6% dei soggetti affetti da cirrosi epatica. Diversi studi hanno dimostrato un rapporto diretto tra l’infezione da HCV e il tumore, con un aumento del rischio da 20 a oltre 40 volte.
Secondo i dati epidemiologici ogni anno dall’1% al 4% dei pazienti con cirrosi da HCV sviluppa un tumore epatico. In Italia l’epatocarcinoma costituisce la settima causa di morte per tumore, con circa 10.000 decessi l’anno.

Fonte: http://www.contattolab.it/malasanita-maxi-risarcimento-da-un-milione-per-sangue-infetto/

Muore dopo essere stato dimesso

Trapani, malasanità: va in ospedale per una crisi respiratoria ma muore dopo essere stato dimesso

Aperta un'indagine, dalla Procura di Trapani, per un presunto caso di malasanità.


Aperta un’indagine, dalla Procura di Trapani, per un presunto caso di malasanità. L’indagine è relativa la morte dell’85enne Vincenzo Milone Masetta. L’uomo si era recato presso l’ospedale Sant'Antonio Abate a causa di una crisi respiratoria, trasferito in pneumologia, per degli accertamenti ma per lui sono state disposte le dimissioni, ma non è arrivato nemmeno all’uscita che si è accasciato a terra, a quel punto è stato portato in rianimazione dove è morto pochi istanti dopo.

- See more at: http://www.palermomania.it/news.php?trapani-malasanita-va-in-ospedale-per-una-crisi-respiratoria-ma-muore-dopo-essere-stato-dimesso&id=89307#sthash.d3XH8CqO.dpuf

"Le ho rotto un femore per allenarmi.."

Malasanità, Medico arrestato: «Le ho rotto un femore per allenarmi»

 23 Mar 2017

MILANO –  Un caso di malasanità che fa il giro del mondo, intercettazioni vergognose lesive del diritto alla salute di ogni cittadino. Era finito sotto la lente degli inquirenti per corruzione e turbativa d’asta Norberto Confalonieri, primario di ortopedia dell’ospedale Gaetano Pini di Milano. Le intercettazioni svolte durante l’inchiesta, tuttavia, hanno rivelato altri e forse più inquietanti comportamenti di cui il chirurgo si sarebbe reso responsabile.

Confalonieri avrebbe in particolare provocato lesioni ad almeno tre pazienti (ma si indaga su altri casi) operandoli agli arti inferiori con la tecnica della navigazione chirurgica computerizzata. In un caso avrebbe causato la rottura del femore di una 78enne sulla quale stava provando una procedura chirurgica «per allenarsi».

Fonte: http://www.contattolab.it/malasanita-medico-arrestato-le-ho-rotto-un-femore-per-allenarmi/

mercoledì 15 marzo 2017

Presunto caso di malasanita' a Crotone

Un nuovo caso di malasanità sembra essere avvenuto in Calabria ed esattamente nella provincia di Crotone. Si tratta di una notizia non nuova per la regione e che non migliora la reputazione delle nostre strutture sanitarie. All'ospedale Marelli è morto un uomo dopo un ricovero per un intervento di ernia del disco. Le cause della morte sono ancora in corso di accertamento. Vediamo tutti i dettagli che sono emersi sull'accaduto.

Uomo muore dopo intervento all'ernia

Al Marelli Hospital è stata registrata una morte sospetta. Un uomo di cinquant'anni, di Lamezia Terme, era ricoverato presso la struttura ospedaliera per un intervento all'ernia del disco. Nella giornata di ieri 13 marzo 2017 l'uomo ha perso la vita. Le cause del decesso sono ancora in corso di accertamento. Sul suo corpo è stato disposto l'esame autoptico e sarà proprio l'autopsia a chiarire le cause della morte. I familiari della vittima hanno immediatamente fatto denuncia dell'accaduto. Sul posto sono giunti i carabinieri della compagnia di Crotone che hanno sequestrato la cartella clinica dell'uomo. Inoltre le forze del'ordine hanno avviato le indagini per capire cosa sia accaduto. A coordinare il tutto è il sostituto procuratore Alfredo Manca. Ulteriori dettagli su quanto accaduto emergeranno nelle prossime ore.

Fonte: http://it.blastingnews.com/cronaca/2017/03/presunto-caso-di-malasanita-a-crotone-muore-un-uomo-per-l-ernia-001548397.html

martedì 14 marzo 2017

Morto dopo il ricovero al pronto soccorso

Alessia Gervasi, 36 anni, di Sanremo, dopo la morte del padre, avvenuta nei giorni scorsi presso l’Ospedale di Sanremo, ha scritto, in un misto di rabbia e amarezza, una lettera alla nostra redazione e ha informato dei fatti accaduti sia l’assessore regionale alla sanità Sonia Viale sia il direttore generale dell’Asl 1 imperiese Marco Damonte Prioli. 

“Un venerdì pomeriggio, alle 15.30, – scrive – mio padre arriva in ambulanza al Pronto Soccorso di Sanremo, per una brutta caduta dalle scale. Ha una ferita alla testa, è cardiopatico in terapia con anticoagulanti. Alle 21.30 viene visitato, gli vengono messi i punti in testa e viene mandato a fare lastre e tac. Credo che sei ore di attesa, viste le sue condizioni, possano solo dimostrare che qualcosa nel triage non ha funzionato. Si era anche fatto presente che mio padre, giusto un anno prima, aveva subito un incidente simile, riportando la frattura di 8 costole e la perforazione di un polmone. Incidente a cui erano seguiti 9 mesi tra ospedali e riabilitazione, ma da cui era uscito anche grazie a una forza di volontà impareggiabile.

Stavolta la situazione è meno grave, ma deve essere comunque ricoverato. Non essendoci posto in alcun reparto, sia il venerdì notte, che il sabato viene tenuto in Pronto Soccorso, dove a quanto pare il personale non deve somministrare farmaci, compresi i farmaci salvavita previsti da terapia personale, anche se al riguardo la comunicazione non è stata proprio limpida. Infatti, quando la domenica chiedo se gli sia stata somministrata la terapia, mi viene risposto, in modo alquanto scocciato, come se la mia domanda fosse quanto di più inappropriato al luogo, che ‘No, la terapia non gli è stata somministrata’. Non riesco ad avere aggiornamenti sul suo stato nemmeno dal medico, che mi liquida con un ‘Lo trasferiamo, parlerà col medico in reparto’. Che chiaramente non può sapere nulla di mio padre, ma intanto, ci diciamo ‘Finalmente magari qualcuno si occuperà di lui’. Ormai però è troppo tardi, due giorni senza farmaci salvavita sono troppi anche in presenza di una volontà di ferro e mio padre non ce la fa. Il martedì pomeriggio ha una crisi respiratoria (o almeno così crediamo, perché, anche al riguardo, la trasparenza non è stata il punto forte).

Questa lettera non vuole essere semplicemente uno sfogo contro un sistema sanitario notoriamente al collasso: sì, siamo tutti pienamente coscienti che la sanità pubblica in Italia non funziona, che il personale non è sufficiente, che alla fine, per quanto sia triste ammetterlo, può curarsi degnamente solo chi ha i mezzi economici per farlo privatamente, perché prenotare una visita tramite il servizio ospedaliero comporta tempi di attesa compatibili solo con controlli di routine e non con le urgenze. Il problema è che, se per una visita specialistica, avendone i mezzi, si può scegliere di pagare, quando si tratta di emergenze, siamo tutti obbligati alla sola scelta del pronto soccorso, siamo tutti poveri senza alternative.

Se a questo si aggiunge la sfortuna di dovercisi recare nel fine settimana, bisogna solo sperare di non avere niente di grave, altrimenti la concomitanza del maggior accesso di persone, che nei giorni festivi non hanno nemmeno il medico di famiglia a cui rivolgersi, e della scarsità di personale -che forse andrebbe implementato, proprio in ragione di quest’ultima motivazione, e invece sembra uguale se non ridotto- lascia ben poche vie di uscita. E quando ti chiedono come mai tuo padre, tuo marito, è morto così inaspettatamente, perché in ambulanza era salito con le sue gambe e niente lasciava presagire che la situazione fosse grave, tu rispondi che è morto perché è finito in pronto soccorso durante il fine settimana, e trovi solo chi annuisce dicendoti che allora è normale. Normale. Ma non è accettabile che, in un paese civile quale pretendiamo di essere, questa sia la normalità. Non è normale finire al pronto soccorso e morire perché in reparto non c’è posto e personale maleducato e disorganizzato, a fronte di educazione e rispetto (perché purtroppo mio padre mi ha insegnato così) non si fa carico della responsabilità di curare persone.

Perché purtroppo, il dubbio – a voler essere clementi- che sia stato solo il candido menefreghismo di chi si permette di rispondere che ‘No, la terapia non gli è stata somministrata’, come se si trovasse lì per caso e non per curare persone, a far morire mio padre, rende il tutto insostenibile. Perché se perdere una persona cara, un padre, un marito, è naturalmente difficile ma, presto o tardi, da mettere in conto nel naturale ciclo della vita, diventa inaccettabile se la perdita è causata da incompetenza e leggerezza.

Questa lettera la devo a lui, ai suoi ideali alti, al suo credere nel servizio pubblico e a un giuramento di Ippocrate che trascenda dalle possibilità economiche del singolo, al suo indignarsi di fronte a fenomeni di ingiustizia e di squallore quale quello di cui è stato vittima, al suo pretendere un mondo in cui non si può morire solo perché la domenica è giorno festivo”.

Fonte: https://www.imperiapost.it/237281/malasanita-il-dramma-di-alessia-mio-padre-morto-dopo-il-ricovero-al-pronto-soccorso-questo-non-e-un-paese-civile-il-caso

domenica 12 marzo 2017

Responsabilità medica: risarciti i danni al paziente che non conosce i rischi dell'intervento

http://www.studiocataldi.it/articoli/25255-responsabilita-medica-risarciti-i-danni-al-paziente-che-non-conosce-i-rischi-dell-intervento.asp

Responsabilità medica: risarciti i danni al paziente che non conosce i rischi dell'intervento

Il medico è tenuto a fornire al paziente tutte le informazioni prima dell'intervento. La sentenza del tribunale di Caltanissetta sul consenso informato
medici seri con file dietro di sedie e una caduta simboleggiante danno
di Marina Crisafi – Se il paziente non ha chiare le conseguenze e i rischi dell'intervento chirurgico, il medico paga i danni, anche se l'operazione è andata bene e ha risolto i suoi problemi. Lo ha stabilito il Tribunale di Caltanissetta con una recente sentenza (qui sotto allegata), liquidando in via equitativa 25mila euro ad una donna che sosteneva di aver subito danni in seguito ad un'operazione chirurgica di isterectomia.
La paziente affermava, in particolare, che i disturbi post-intervento dipendevano dalla condotta "negligente ed imperita" dei sanitari che non le avevano chiesto il consenso informato all'intervento e all'anestesia, domandando, pertanto, oltre 300mila euro di risarcimento.
L'Asl, dal canto suo, sosteneva che alla paziente era stata fornita invece "una corretta e completa informazione" sui rischi dell'operazione e chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria.
Per il tribunale nisseno, la donna ha in parte ragione. Sul punto di responsabilità della struttura e del medico, ritenute di tipo contrattuale, il giudice, sulla base della espletata CTU, esclude che il danno sia dovuto a negligenza, attribuendolo invece alle frequenti complicanze che si manifestano "anche in assenza di un errore tecnico nell'esecuzione dell'intervento".
Quanto al consenso informato, invece, il tribunale preliminarmente afferma che l'informazione "deve essere adeguata al grado culturale e alle conoscenze del paziente e deve concernere lo scopo e la natura dell'intervento, nonché le sue conseguenze e i suoi rischi". La ratio di tale previsione, infatti, è quella di tutelare "quanto più intensamente possibile l'autodeterminazione del paziente, il quale non può essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la propria volontà", per cui la prestazione del consenso ad un trattamento sanitario da parte del soggetto interessato è "indispensabile al fine di escludere la rilevanza anche penale di un fatto che altrimenti sarebbe di per sé illecito".
Ne consegue, dunque, che "non può ritenersi sufficiente ai fini del consenso informato la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico". E tale è il caso in esame, in cui alla donna non è stata fornita adeguata informazione in merito ai trattamenti sanitari, atteso che alla stessa erano stati fatti firmare moduli che nulla specificano in ordine alle possibili conseguenze derivanti dall'intervento. Sussiste, pertanto, "una lesione del diritto di autodeterminazione – della paziente - concretizzatosi nella mancata prestazione di una adeguata informazione ai fini dell'acquisizione del suo consenso all'effettuazione dell'intervento chirurgico e alla sottoposizione ad anestesia".
Trib. Caltanissetta, sentenza novembre 2016 


Fonte: Responsabilità medica: risarciti i danni al paziente che non conosce i rischi dell'intervento 
(www.StudioCataldi.it) 

sabato 4 marzo 2017

Lesione di secondo grado al tendine ma per i dottori era tendinite

Lesione di secondo grado al tendine, ma per i dottori era una tendinite: caso di malasanità al San Giuseppe? 04 marzo 2017 11:32Cronaca Empoli L'ospedale di Empoli (foto gonews.it)  Un cittadino di San Romano di Montopoli denuncia una diagnosi sbagliata all’ospedale San Giuseppe di Empoli. L’uomo, Luca Lapolla, era arrivato al pronto soccorso lo socrso 29 gennaio con un dolore lancinante al ginocchio, una lesione di secondo grado al tendine del quadricipite, ma i medici non se ne sarebbero accorti rimandandolo a casa per una semplice tendinite e con la ricetta per un’ecografia (il cui primo appuntamento era 6 mesi dopo). L’uomo è stato costretto a farsi operare d’urgenza. Ora denuncia il fatto a ‘Mi manda Rai Tre’, che si è occupato della vicenda giovedì 2 marzo. L’uomo si è rivolto precedentemente al sito www.risarcimentosalute.it, la piattaforma che offre consulenza legale per casi di malasanità.  

Leggi questo articolo su: http://www.gonews.it/2017/03/04/lesione-secondo-grado-al-tendine-dottori-tendinite-caso-malasanita-al-san-giuseppe/