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giovedì 29 dicembre 2016

Va in ospedale la vigilia di Natale, viene registrato con un codice verde, decide di andare a casa perché c’è troppa fila e il giorno dopo muore. È quanto accaduto a una famiglia jesina che sta vivendo il peggior Natale di sempre. Carlo Mosca, 74 anni, era uscito il pomeriggio della vigilia per delle spese, ma non riusciva a parcheggiare bene la macchina per un dolore acuto alla gamba destra e al fianco. Ha pensato a una sciatica, ha messo il Voltaren, ma il dolore era forte. Dopo cena ha chiamato la guardia medica che dalla visita gli ha trovato una piccola massa addominale proprio sopra l’ombelico. A una prima diagnosi sembrava un’ernia ombelicale, ma il paziente era stato invitato a fare accertamenti radiografici più approfonditi al pronto soccorso. Lui ci va, viene accolto e fatto sdraiare su una barella. Davanti però aveva 15 pazienti in attesa come lui di una visita. Carlo si stanca e torna a casa, pensa di tornare all’indomani. Ma la mattina di Natale si sente male, scattano i soccosri ma lo jesino muore, stroncato da un aneurisma.   Il Messaggero

Va in ospedale la vigilia di Natale, viene registrato con un codice verde, decide di andare a casa perché c’è troppa fila e il giorno dopo muore. È quanto accaduto a una famiglia jesina che sta vivendo il peggior Natale di sempre. Carlo Mosca, 74 anni, era uscito il pomeriggio della vigilia per delle spese, ma non riusciva a parcheggiare bene la macchina per un dolore acuto alla gamba destra e al fianco. Ha pensato a una sciatica, ha messo il Voltaren, ma il dolore era forte. Dopo cena ha chiamato la guardia medica che dalla visita gli ha trovato una piccola massa addominale proprio sopra l’ombelico. A una prima diagnosi sembrava un’ernia ombelicale, ma il paziente era stato invitato a fare accertamenti radiografici più approfonditi al pronto soccorso. Lui ci va, viene accolto e fatto sdraiare su una barella. Davanti però aveva 15 pazienti in attesa come lui di una visita. Carlo si stanca e torna a casa, pensa di tornare all’indomani. Ma la mattina di Natale si sente male, scattano i soccosri ma lo jesino muore, stroncato da un aneurisma.   Il Messaggero

martedì 27 dicembre 2016

Lazio, morì per piaghe da decubito


Malasanità: morì per piaghe da decubito, la Regione Lazio avvia
gli accertamenti

27/12/2016 - 16:23

Riceviamo e pubblichiamo da Giorgio Bernardi

VITERBO - Donna muore per una piaga di decubito, la Regione Lazio avvia degli accertamenti su l'Adi, l'assistenza domiciliare integrata della Asldi Viterbo.

La signora Vittorina Nicodemi morì il 7 agosto del 2012 dopo essere stata presuntivamente curata a domicilio per circa nove mesi da una equipe di sanitari dell'Adi, l'assistenza domiciliare integrata dell' Asl di Viterbo.

Il figlio, Giorgio Bernardi, non è convinto delle presunte cure praticate alla defunta madre, il suo pensiero corre allora a tutte quelle persone che sono ancora assistite dall'Adi di Viterbo, persone quasi sempre molto anziane ed indifese.

L'assistenza domiciliare ha lo scopo di evitare i costi dell'ospedalizzazione e per questa sua opera riceve finanziamenti pubblici dal Fondo della Non Autosufficienza tramite la Regione Lazio.

Bernardi si rivolge allora all'Ufficio Requisiti della Regione Lazio e chiede degli accertamenti sul rispetto di quelli che sono i requisiti minimi strutturali dettati nella delibera della giunta regionale del Lazio, la numero 325, quella per poter esercitare l'attività di ''assistenza domiciliare integrata'' e quindi ricevere i finanziamenti del Fondo.

Dalle prime indagini effettuate dalla Regione Lazio emerge una lettera del direttore generale della Asl di Viterbo, Daniela Donetti, dove di legge che ìì [...] Preso atto della relazione prodotta dalla dottoressa Caporossi ed analizzata la medesima, ivi compresi tutti gli allegati prodotti, con la presente, si evidenzia che l'operato del servizio Adi e, tutte le azioni poste in essere dal personale ivi coinvolto, comprese quelle della dottoressa, sono state poste in essere nel rispetto di linee guida, procedure e normative vigenti in materia''.

Il direttore generale della Asl di Viterbo recita in modo non rispondente a realtà quando scrive ''rispetto di linee guida, procedure e normative vigenti in materia'', ignorando persino le linee guida stabilite proprio dalla stessa Asl viterbese in tema di acquisizione di consenso informato da soggetto incapace.

Si legge, infatti, nelle linee guida aziendali redatte in data 20/12/2011,per la produzione e validazione del Modello di Consenso Informato per quei soggetti, minori e adulti, inabili, incapaci e interdetti che: ''Paziente incapace: quando un paziente, non interdetto e senza amministratore di sostegno, sia temporaneamente incapace di esprimere la propria volontà, il medico deve prestare le cure indispensabili ed indifferibili anche al fine di portare il paziente verso un miglioramento della propria capacità decisionale. Qualora dalla risultanza delle consulenze esperite e dallo scarso successo degli interventi terapeutici attuati si confermi lo stato di incapacità temporanea, si dovrà adire o al giudice tutelare per una amministrazione di sostegno o al procuratore della repubblica per l'iniziativa di una interdizione, nel cui contesto potrà essere autorizzato l'intervento più opportuno'' .

 La paziente deceduta fu quindi sottoposta a trattamenti sanitari senza acquisire il consenso informato (diritto costituzionalmente garantito) perché, presuntivamente, considerata incapace dai sanitari, che continuarono il loro trattamento per la cura di una piaga di decubito al tallone destro per circa nove mesi. Pertanto non ci si può di certo appellare al trattamento indifferibile, ovvero da novembre 2011 fino al 4 luglio 2012, senza avvisare il giudice tutelare o il procuratore della repubblica e senza così rispettare le suddette linee guida.

Scrive infatti la responsabile, la dottoressa Caporossi, che: ''La signora Nicodemi Vittorina era affetta da una demenza senile con gravi deficit cognitivi, non in grado quindì di comprendere né lo stato di malattia né i miei atti terapeutici'.

La Caporossi  nonostante la paziente fosse palesemente incapace ha omesso/rifiutato di avvisare il magistrato, come invece gli indicano le Linee guida della Asl di cui è dipendente .

Dalla relazione della responsabile Adi emerge altresì che non fu redatta una ''cartella clinica domiciliare'' ovvero un atto pubblico con fede privilegiata bensì una cartella contenente un brogliaccio con annotazioni in ordine sparso e senza indicare le terapie eseguite.

L'Adi della Asl di Viterbo sembra anche non essere dotata diun parco veicoli adeguato alle visite domiciliari da compiere, il responsabile infatti spiega nella sua relazione che l'Adi piuttosto che acquistare i veicoli – ed averli quindi a disposizione - preferisce chiedere ai dipendenti d'usare i veicoli personali e rifondere in cambio rimborsi in busta paga.

Gli uffici della Regione Lazio stanno proseguendo i loro accertamenti.

Fonte: http://www.viterbonews24.it/news/malasanità:-morì-per-piaghe-da-decubito,-la-regione-lazio-avvia-gli-accertamenti_71206.htm

Cosenza, due casi di presunta malasanita'

“malasanità”


 27 dicembre 2016

 

La Procura della Repubblica di Cosenza ha avviato un’indagine sulla morte, avvenuta nell’ospedale “Annunziata”, di un vigile del fuoco in servizio a Vibo Valentia, Vincenzo Parisi, di 49 anni. Originario di Jonadi, Comune della provincia di Vibo Valentia, Parisi si era ricoverato nei giorni scorsi nell’ospedale cosentino per un intervento di ortopedia, ma è morto mentre era ancora ricoverato. I familiari hanno presentato una denuncia per sapere quali siano state le cause del decesso e la Procura ha avviato le indagini acquisendo la cartella clinica e predisponendo l’autopsia che sarà effettuata nei prossimi giorni. Una brutta infezione, invece, avrebbe intaccato tutti gli organi vitali, non dando possibilità di scampo a Claudia Malizia, giovane mamma di Luzzi deceduta lo scorso 20 dicembre dopo aver lottato tra la vita e la morte per sconfiggere la setticemia. Un decesso su cui i familiari hanno chiesto chiarezza, tanto da presentare un esposto in procura. E’ questo per ora l’unico risultato ottenuto dall’esame autoptico svolto dalla dottoressa Katiuscia Bisogni, che adesso dovrà redigere un’accurata relazione che potrebbe far emergere possibili responsabilità dei sanitari.  La donna si era sottoposta ad un intervento ad un piede in una clinica catanzarese.

Fonte: http://www.newsandcom.it/site/cosenza-indagini-su-due-casi-di-presunta-malasanita/

Avellino, muore dopo cinque interventi

Avellino, malasanità: donna muore dopo cinque interventi chirurgici

Da

 Redazione Irpinia

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 27 Dic 2016

Muore il giorno della vigilia di Natale dopo un calvario medico-chirurgico durato ben 40 giorni e cinque interventi chirurgici. Il suo doveva essere un intervento di routine che si è rivelato per la vittima fatale.  Un caso di malasanità consumato presso la Malzoni di Avellino la donna aveva 54 anni originaria di Agropoli. I familiari vogliono vederci chiaro sulle cause della morte della donna e hanno sporto denuncia contro i medici della Casa di Cura Malzoni di Avellino dove Anna Passaro è stata operata ed è rimasta per oltre un mese a causa delle complicazioni sopraggiunte in seguito all’intervento.

Il calvario della donna  inizia circa un mese e mezzo fa: la signora Anna Passaro viene ricoverata alla Casa di cura Malzoni “Villa Platani” di Avellino il 15 novembre per sottoporsi ad un intervento di isterectomia totale, l’asportazione dell’utero. L’operazione viene eseguita il giorno successivo al ricovero: è l’inizio di un lungo percorso clinico che durerà 39 lunghi giorni e culminerà con il decesso della paziente. Dopo l’intervento, infatti, sono subentrate una serie di complicazioni che hanno portato i medici a sottoporre la donna ad ulteriori quattro interventi chirurgici nel tentativo di trovare una soluzione ai problemi clinici di volta in volta emersi. Il 22 dicembre poi le due figlie  preoccupate per le condizioni della mamma, hanno deciso di trasferire la donna  all’ospedale Cardarelli di Napoli. Qui i medici che l’hanno presa in cura le hanno diagnosticato una pericardite, un’infezione al cuore a causa della quale la mattina della vigilia di Natale le sue condizioni si sono aggravate ulteriormente ed è andata in coma, morendo nel pomeriggio dello stesso giorno. Le figlie hanno deciso di sporgere denuncia ai carabinieri che su disposizione della magistratura in attesa che l’indagini chiariscano eventuali colpe.


Fonte: http://www.irpinianotizia.it/malasanita-donna-muore-dopo-cinque-interventi-chirurgici/

lunedì 26 dicembre 2016

Presunto caso di malasanita' all' Annunziata, indaga la procura

Presunto caso di malasanità all’Annunziata: muore caposquadra dei Vigili del Fuoco. Indaga la Procura

L’uomo si trovava ricoverato per un controllo in ortopedia ma è deceduto durante il ricovero. Disposto esame autoptico per conoscere le cause della morte

COSENZA – Un altro presunto caso di malasanità all’ospedale di Cosenza. L’ennesimo che si sarebbe registrato negli ultimi tempi. Vincenzo Parisi, 49enne caposquadra dei vigili del fuoco in forza a Vibo Valentia, è morto nell’Annunziata lo scorso giovedì. L’uomo si trovava nel nosocomio per un controllo in ortopedia ma è deceduto mentre era ancora ricoverato.

I parenti di Parisi, originario di Francavilla Angitola ma residente a Jonadi, hanno presentato un esposto in Procura, per conoscere le cause esatte della sua morte. Al momento non c’è nessun indagato ma i magistrati hanno avviato le indagini acquisendo tutto il materiale e predisponendo l’esame autoptico, che verrà effettuato nei prossimi giorni. Parisi lascia moglie e due figli.

Fonte:  http://www.quicosenza.it/news/le-notizie-dell-area-urbana-di-cosenza/cosenza/128495-presunto-caso-di-malasanita-allannunziata-muore-caposquadra-dei-vigili-del-fuoco-indaga-la-procura

giovedì 22 dicembre 2016

Malasanita' consulenza e risarcimenti

Claudia, morta per una cipolla affettata dalla malasanità

Claudia, morta per una cipolla affettata dalla malasanità: Claudia, morta per una cipolla affettata dalla malasanità - CosenzaInforma

Pomezia, malasanità: spunta un caso di ‘falso positivo’ al test per la prevenzione del tumore al colon

Pomezia, malasanità: spunta un caso di ‘falso positivo’ al test per la prevenzione del tumore al colon

Dopo i “falsi negativi” ora anche il “falso positivo” al test per la prevenzione del tumore al colon

Di

 Redazione

 -

 21 dicembre 2016

Nuovi problemi riguardanti i test per la prevenzione del tumore al colon a Pomezia. A denunciarlo è l’Associazione Consumatori. “Grazie alle numerose segnalazioni giunte alla nostra tramite i media locali, il web e facebook si è scoperto un nuovo caso di “falso positivo” al test per la ricerca del sangue occulto fecale eseguito nell’ambito del programma per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del colon retto.\r\n

I precedenti

\r\nAgli inizi del mese di ottobre si rivolsero all’Unione Nazionale Consumatori Delegazione di Pomezia una coppia di coniugi che alla fine del mese di agosto si recarono in Piazza D’Indipendenza a Pomezia, presso l’unità mobile per aderire al programma di screening del Colon-retto al quale erano stati reclutati mediante lettera inviatagli dalla ASL Roma H verso la metà di agosto. I coniugi ritirarono le provette, ma non le riconsegnarono alla ASL Roma H, tuttavia ricevettero la risposta da parte del Responsabile del Programma che incredibilmente gli comunicava che il test per la ricerca del sangue occulto fecale eseguito nell’ambito del programma per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del colon retto era risultato normale ossia non erano state rilevate tracce di sangue sul campione di feci. A ciò seguì la lettera di diffida/reclamo all’Azienza ASL Roma H da parte della nostra associazione, affinché comunicasse sia la procedura adottata per il reclutamento dei campioni nella popolazione e in quale fascia di età e per quale indice di salute che la procedura utilizzata per la raccolta del campione ed i criteri utilizzati per la scelta del test diagnostico, le modalità di controllo ed, in particolare, i controlli che vengono effettuati successivamente alla consegna delle provette agli utenti per la restituzione delle stesse. Veniva, altresì, chiesto di adottare tutte le misure necessarie affinché siano ripetuti i controlli su TUTTI i pazienti che si sono sottoposti allo screening nel periodo interessato. La diffida veniva inoltrata per conoscenza al Ministero della Salute, alla Regione Lazio, alla Città di Pomezia e alla Procura della Repubblica di Velletri affinché fossero poste in essere le azioni, necessarie, a tutela dei cittadini, ciascuno relativamente alla propria competenza ed i relativi provvedimenti, al fine di individuare i fatti e ricondurli ai diretti responsabili, sotto il profilo civile ed eventuale penale, che sarà ravvisato con riferimento ai responsi dei test in esame inviati. Ebbene, ci è arrivata la risposta della Regione Lazio ove precisa che è stata indetta una riunione in data 26.09.16 tra l’Ufficio Screening e il Coordinamento degli screening della ASL RM 6 per individuare le cause dell’erroneo invio di lettere di comunicazione di esito negativo. A seguito della riunione sarebbe emerso che la Asl RM 6 usa il servizio Postel, del Gruppo Poste Italiane, per l’invio massivo di lettere inerenti i programmi di screening. Orbene, l’operatore della ASL, addetto all’invio delle predette lettere il giorno 06.09.16 avrebbe inviato per errore il lotto di persone generato per lo screening con il sistema gestionale che includeva nominativi ed indirizzi di persone a cui andava inviata la lettera di sollecito a presentarsi per l’esame di primo livello accompagnato dal servizio Postel col modello di lettera che comunica l’esito negativo del sangue occulto. La Regione Lazio successivamente alla diffida/reclamo dell’Unione Nazionale Consumatori ha chiesto in data 17.10.16 una relazione dettagliata alla ASL RM 6nh su quanto accaduto. L’Azienda Sanitaria rispondeva in data 26.10.16 limitando l’errore in cui sono caduti i coniugi che hanno denunciato il fatto a sole 11 persone che hanno ritirato il kit negli ultimi giorni di agosto senza riconsegnarlo. Le modalità procedurali prevedono, spiega la ASL, che a tutti gli utenti con esito negativo sia inviata una lettera di risposta del test, mentre a quelli con esito positivo siano contattati telefonicamente dal personale sanitario il quale fissa un appuntamento per un colloquio e per un successivo appuntamento per colonscopia. La stessa ASL avrebbe contattato i 6 utenti positivi per invitarli al II livello (colonscopia) che risulterebbe già concluso. Infine, la ASL dichiara che ai numerosi Cittadini che nel periodo in cui si è verificato l’errore non avevano aderito allo screening ma avevano ricevuto una lettera di esito negativo sarebbe stata inviata una lettera invito “personalizzata” per le domeniche 16 e 23 ottobre 2016 presso l’Unità Mobile posizionata in Piazza d’Indipendenza.\r\nOrbene, emerge evidente che la ASL limiti il fenomeno dei falsi test al lotto di persone generato dal programma gestionale il 06.09.16 riconducendolo ad un mero errore di un suo operatore nell’uso del sistema Postel che sarebbe stato poi sostituito con altri incaricati.\r\n

Il “falso positivo”

\r\n”A seguito della pubblicazione dell’articolo sulle testate dei quotidiani locali – continua la lettera -, sul web sono state molte le denunce sporte dai Cittadini che hanno lamentato di aver ricevuto esiti negativi senza essersi sottoposti al test. A tal proposito facciamo presente che si è rivolta alla nostra associazione dei consumatori un’anziana signora allarmata per il fatto di aver ricevuto una telefonata dal personale sanitario della ASL RM 6 che le comunicava l’esito positivo del test, invitandola a recarsi in sede per un colloquio endoscopico. Consigliavamo allora alla paziente, a fronte delle numerose segnalazioni dei Cittadini che facevano ritenere verosimile che molti test eseguiti fossero sbagliati, di recarsi a colloquio per sentire cosa gli venisse prescritto e, comunque, per stare più sereni di ripetere l’esame anche privatamente. Al colloquio, precisiamo, successivo alla diffida/reclamo PEC della nostra associazione del 06.10.16 con cui si invitava la ASL ad adottare tutte le misure necessarie affinché fossero ripetuti i controlli su TUTTI i pazienti che si erano sottoposti allo screening nel periodo interessato, il sanitario spiegò che, a causa dell’esito del test, la signora doveva sottoporsi direttamente ad un esame invasivo quale è la colonscopia. La signora, comunque, pensò bene di seguire il nostro consiglio e, quindi, di ripetere l’esame parassitologico delle feci presso altro laboratorio. Il nuovo test, fortunatamente, risultò NEGATIVO, ed evitò, quindi, alla signora di sottoporsi alla colonscopia e facendo, anche, risparmiare denaro alla sanità pubblica (il costo della colonscopia si aggira tra € 400,00 ed € 600,00) essendo esente dal pagamento dell’esame sia per il suo stato invalidante che per l’età (anni 66) e reddito. E’ evidente che le responsabilità del “falso positivo” sono ben più gravi rispetto ai casi segnalati precedentemente, soprattutto, perché non è stata presa in considerazione la diffida di codesta Associazione con la quale si invitava a far ripetere i controlli su TUTTI i pazienti che avevano aderito allo screening nel periodo interessato. Anzi, si è rinnovato l’invito e la diffida a far ripetere l’esame a TUTTI i cittadini che hanno eseguito il test al fine di scongiurare episodi ben più gravi di quelli segnalati. Infine, le Autorità sono state allertate affinché prendano i giusti provvedimenti sanzionatori in sede civile ed, eventuale, penale nei confronti di chi sarà accertato responsabili dei test falsati\r\nPotete segnalarci casi analoghi all’indirizzo mail info@consumatoripomezia.it o presso lo Sportello UNC di Pomezia, Via Roma n.7 o anche via tel. 069122006.\r\nAutore Avv. Daniele Autieri, Resp. Dell’UNC Delegazione di Pomezia.

Fonte: http://www.ilcorrieredellacitta.com/cronaca/pomezia-malasanita-spunta-un-caso-falso-positivo-al-test-la-prevenzione-del-tumore-al-colon.html

lunedì 19 dicembre 2016

" Torni tra tre anni anzi no.."


Cronaca

"Torni tra tre anni, anzi no": perugino con un calcolo grosso come una noce operato in tre giorni

"Voglio perciò ringraziare PerugiaToday che ha sollevato il caso e che, in qualche modo, ha smosso le acque, consentendomi di ottenere un risultato rapido e insperato"

Sandro Francesco Allegrini

19 dicembre 2016 09:32



"Sono debitore a PerugiaToday, se il mio problema di salute, che sembrava lontano da una soluzione positiva, è andato a buon fine". Parla il perugino ottantenne del cui stato di salute avevamo dato conto su questo giornale, in riferimento all'incredibile risposta: "Torni fra tre anni che la operiamo". Ricordiamo che l'anziano era afflitto da un calcolo vescicale del diametro di 3 centimetri che gli rendeva la vita impossibile.


"Dolori e sanguinamento camminando. Peggio, se decidevo di uscire in macchina: con le buche che ci sono in giro, erano dolori tremendi ed emorragie". Ne aveva parlato con noi, chiedendo aiuto. Altro non abbiamo potuto fare che segnalare questo assurdo, ennesimo episodio di malasanità. O, per meglio dire, siamo ancora peggio che alla "malasanità", ma alla sanità "che non esiste". 

La denuncia: perugino con un calcolo grosso come una noce, "torni in ospedale tra tre anni"

"Il giorno stesso dell'uscita del servizio sul vostro giornale, sono stato contattato da un noto scrittore perugino (anche il Nostro è un apprezzato poeta dialettale) che poteva vantare delle conoscenze in ambito sanitario. È bastata una sua telefonata e sono stato ricoverato nella clinica di Porta Sole. Dove - non in tre anni, ma nel giro soli di tre giorni - hanno frantumato e rimosso il calcolo, risolvendo anche un altro gravissimo problema di natura intestinale. Praticamente ho subito ben tre interventi e mi hanno rimesso in perfette condizioni di salute e in grado di poter svolgere una vita normale".

"Non secondario - aggiunge - il fatto che non ho dovuto sborsare un centesimo: sia l'operazione che la degenza sono state completamente gratuite. Ho trovato gentilezza e competenza". Conclusione: "Voglio perciò ringraziare PerugiaToday che ha sollevato il caso e che, in qualche modo, ha smosso le acque, consentendomi di ottenere un risultato rapido e insperato". Che dire di più? Grazie a quanti si sono adoperati per la felice conclusione di una incredibile (dis)avventura.


APPROFONDIMENTI

La denuncia: perugino con un calcolo grosso come una noce, "torni in ospedale tra tre anni"




giovedì 15 dicembre 2016

Trebisacce: malasanita' otto mesi per una visita Endocrinologica

Notizie

Trebisacce: malasanità, otto mesi per una visita Endocrinologica

 Pino La Rocca Attualità 15 Dicembre 2016

 

 Mentre si continua a sfogliare la fatidica margherita sulla riapertura del “Chidichimo” nella sanità pubblica dell’Alto Jonio viene meno anche la medicina territoriale. Per un controllo della tiroide ci sono infatti liste d’attesa di otto mesi mentre dal primo novembre non c’è più il Diabetologo che è andato in pensione e non è stato sostituito. Così i pazienti di tutto il Comprensorio, per lo più anziani, per patologie molto comuni e molto diffuse sono costretti a mettersi in viaggio per altre destinazioni, magari utilizzando il noleggio, oppure a rivolgersi alla sanità privata.

E’ successo infatti che il dottor Antonino Staglianò, specialista Diabetologo, con il primo novembre 2016 è andato in pensione e, nonostante lo avesse comunicato già dal mese di agosto, i dirigenti della sanità pubblica hanno trascurato di preparare il suo avvicendamento per cui i tantissimi diabetici in cura presso il Poliambulatorio di Trebisacce sono rimasti senza il loro specialista di riferimento. Inizialmente il CUP li ha dirottati su Cassano Jonio, dove la lista d’attesa era di una settimana che piano piano è arrivata a 4 mesi. Altri pazienti hanno preso a rivolgersi a uno studio privato-convenzionato di Rossano con relativi costi di viaggio e di onorario. Altri pazienti ancora, per aggirare l’ostacolo, prenotano una visita Endocrinologica per il controllo del diabete. Succede però che l’Endocrinologo a Trebisacce viene solo il mercoledì per cui, essendo tantissimi i portatori di ipo/ipertiroidismo specialmente nei paesi montani, non ce la fa a dare risposte a tutti per cui la lista d’attesa per gli uni e per gli altri è arrivata a 8 mesi. Eppure si tratta di patologie molto diffuse e molto pericolose se si trascura di seguire il necessario piano terapeutico. Lo sanno bene i dirigenti provinciali e zonali della sanità perché sono tutti medici. Medici che però, diventati dirigenti e trasferiti dietro le scrivanie, troppo facilmente dimenticano i problemi e le difficoltà dei loro pazienti che finalmente hanno preso ad alzare la voce ed a contestare, come è avvenuto ieri a Rossano, a causa di una sanità che ormai fa acqua da tutte le parti.
Pino La Rocca


Fonte: http://www.sibarinet.it/index.php/notizie/18-attualita/11002-trebisacce-malasanita-otto-mesi-per-una-visita-endocrinologica

 





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Diagnosi errate, incomplete o mancanti. Assenza di opportune indagini preliminari.

Cure inappropriate, farmaci inadatti, dosaggi non corretti, consenso informativo incompleto.

Intervento malriuscito, intervento tardivo, intervento non necessario.

Intervento eseguito senza le dovute indagini preliminari, intervento errato o non necessario, mancato rispetto dei protocolli nell'esecuzione dell'intervento.

Postoperatorio compromesso da insorgenza di infezioni, assistenza insufficiente, cure inadatte.

Inadeguatezza degli strumenti e delle cure successive all'intervento, errata valutazione del quadro clinito prima delle dimissioni del paziente.

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Il nostro Cliente, grazie alla possibilità di accedere all'Area Riservata, potrà verificare autonomamente (in qualsiasi momento) l'andamento della sua pratica.

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Liste d'attesa e strutture obsolete, le spine del sistema sanitario

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Liste d'attesa e strutture obsolete, le spine del sistema sanitario

Il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva presenta la sua relazione su quello che non funziona negli ospedali e sul territorio basata su 21.500 segnalazioni

di MICHELE BOCCI14 Dicembre 2016

3' di lettura

UNA SANITA' con ancora troppe liste di attesa, con strutture in condizioni cattive, con difficoltà per i pazienti nel rapporto con medici e pediatri di famiglia, con criticità nella rete emergenza-urgenza. Il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva presenta l’edizione numero diciannove del "Rapporto Pit salute". Si tratta di una ricognizione del sistema sanitario basata su 21.493 segnalazioni arrivate alle varie sedi dell’associazione durante tutto l’anno scorso. Le persone che decidono di rivolgersi all’associazione sono certamente una piccola parte di coloro che incontrano problemi con la sanità. Del resto ogni anno gli ospedali e le varie strutture del sistema fanno oltre 6 milioni di ricoveri ordinari (ai quali vanno aggiunti quelli in day hospital), e circa (dati Istat) 64 milioni di esami diagnostici e circa 180 milioni di visite specialistiche.
 
Costi elevati. Una persona su dieci di quelle che si sono rivolte a Cittadinanzattiva (il 10,8% e cioè 2.200) ha segnalato l’insostenibilità economica delle cure (a causa del ticket, 400 persone, dei farmaci, 600, dell’intramoenia, 350, e così via). Una segnalazione su tre (circa 750), ha riguardato le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, per liste di attesa (54,5%, cioè circa 400, ticket, 30,5%, cioè 250, intramoenia 8,4%). “Se diminuiscono le segnalazioni di liste di attesa per esami diagnostici semplici, dal 36,7% del 2014 al 25,5% del 2015, crescono invece decisamente per gli interventi chirurgici (35,3% nel 2015 vs il 28,8% del 2014) e per le visite specialistiche (34,3% vs 26,3%)”, spiegano dall’associazione. In testa, per segnalazioni su lunghi tempi di attesa negli interventi chirurgici, l’area di ortopedia, con il 30,7% delle segnalazioni (250 casi): per le visite specialistiche l’area oculistica (25% vs 18,5% nel 2014), per gli esami diagnostici, le prestazioni per le quali si attende di più sono le ecografie (18,8%, 24,1% nell’anno precedente).
 
“Se lo scorso anno abbiamo denunciato che si stavano abituando i cittadini a considerare il privato e l’intramoenia come prima scelta, ora ne abbiamo la prova: le persone sono state abituate a farlo per le prestazioni a più basso costo (ecografie, esami del sangue, etc.).

Non perché non vogliano usufruire del SSN, ma perché vivono ogni giorno un assurdo: per tempi e peso dei ticket, a conti fatti, si fa prima ad andare in intramoenia o nel privato. E il Sistema sanitario nazionale, in particolare sulle prestazioni meno complesse, e forse anche più “redditizie”, ha di fatto scelto di non essere la prima scelta per i cittadini. Secondo assurdo: si tratta di prestazioni previste nei Livelli Essenziali di Assistenza, quindi un diritto. E’ questa la revisione dei Lea “in pratica” che i cittadini già sperimentano ogni giorno”, è il commento di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
 
I casi di malasanità. Le segnalazioni sui presunti casi di malasanità e in generale sulla sicurezza delle strutture sono il 14,6%. In questo ambito però si segnala un peggioramento delle condizioni delle strutture (25,7% vs 17% dell’anno precedente), legate principalmente al malfunzionamento dei macchinari (41,9% vs al 38,2%), alle precarie condizioni igieniche (30,1% vs 35,3%) e agli ambienti fatiscenti (28,1% vs 26,5%). I presunti errori pesano di più nell’area delle terapie (58,3%), e in seconda battuta nell’area diagnostica (41,7%).
 
L’analisi prende anche in considerazione la medicina del territorio, cioè l’attività di medici di famiglia e pediatri. Le segnalazioni sono meno rispetto al passato (11,5% nel 2015, cioè 2.400, 15,3% nel 2014), ma sono in crescita i problemi con i professionisti. Le principali questioni riguardano il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (28,4%, +4% rispetto al 2014), gli orari inadeguati di ricevimento (25,4%, +12%), la sottostima del problema di salute (17,9%, +6%).
 
Invalidità. Una segnalazione su dieci, inoltre riguarda il tema della invalidità ed handicap. La lentezza dell’iter burocratico per il riconoscimento rappresenta la problematica principale, con il 58,2% delle segnalazioni, lentezza che si riscontra in gran parte (65%) nella fase di presentazione della domanda. Dalla convocazione a prima visita, per la quale si aspettano in media 8 mesi, alla ricezione del verbale che ne necessita di ulteriori 10, fino alla erogazione dei benefici economici che avviene in media 12 mesi dopo, al cittadino che si imbarca in questo iter tocca aspettare insomma in media 30 mesi, ulteriori due in più rispetto ai tempi che ci erano stati segnalati nel 2014.
 
Negli ospedali. Le segnalazioni sull’assistenza ospedaliera sono 220 e non riguardano solo i 6 milioni di ricoveri fatti nel 2015. I maggiori disagi si registrano nell’emergenza urgenza che un dato che giunge nel 2015 al 62,8% rispetto al 50,7% del 2014. Si tratta soprattutto di lunghe attese al Pronto soccorso (45,3%) e di assegnazione del triage non trasparente (40,5%, +15% rispetto al 2014): ai cittadini che ricorrono al pronto soccorso insomma sembra spesso di aspettare troppo, anche perché ben poche strutture spiegano come viene assegnato il codice e ancora meno quelle dotate di monitor per indicare i tempi di attesa per codice di priorità. Secondo ambito problematico è quello dei ricoveri (23,8%), per i quali il 45% segnala di aver “subito” il rifiuto del ricovero o perché ritenuto inappropriato dal personale medico o per tagli ai servizi;  l’essere ricoverato in reparto inadeguato (un quinto delle segnalazioni).
 
Le 5 priorità. Cittadinanzattiva indica dunque cinque priorità sulle quali lavorare: contrasto delle liste di attesa la definizione di tempi massimi per tutte le prestazioni; trasparenza e controllo sull’intramoenia per evitare abusi; abolizione del superticket da 10 euro; riorganizzazione della rete ospedaliera e dell’assistenza territoriale; monitoraggio della sicurezza strutturale dei presidi sanitari.

 

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Reggio Calabria, neonato deceduto: ennesimo caso di malasanità?

Reggio Calabria, neonato deceduto: ennesimo caso di malasanità?

Maxi risarcimento per due bimbi vittime di malasanità in ospedale

Maxi risarcimento per due bimbi vittime di malasanità in ospedale: Primo esborso da 500mila euro destinato ai familiari.

mercoledì 14 dicembre 2016

Morte sospetta in un ospedale del napoletano

Morte sospetta presso l’ospedale di Boscotrecase. Siamo dinanzi all’ennesimo caso di malasanità in Campania? In mattinata l’autopsia…

Morte sospetta nel napoletano: a perdere la vita un uomo di 34 anni, residente a Torre Annunziata. Il fatto è avvenuto lunedì pomeriggio, quando Michele (questo il nome della persona deceduta) viene ricoverato per alcune ore presso l’ospedale di Boscotrecase.

Secondo la ricostruzione dei fatti, il muratore sarebbe giunto in condizioni disperate presso il pronto soccorso del sopracitato ospedale e deceduto poco dopo a causa di un arresto cardiaco. I medici avrebbero parlato di febbre altissima, problemi respiratori tipici di una polmonite e scompensi cardiaci; la situazione sarebbe poi degenerata in breve tempo.

Vogliono però vederci chiaro la compagna di Michele e sua sorella, che hanno sporto denuncia presso la stazione dei Carabinieri di Trecase; disposta l’autopsia sulla salma.

Fonte:  http://napoli.zon.it/morte-sospetta-ospedale-boscotrecase/

Annunziata, il ciclone malasanita' è da allarme rosso

http://www.cosenzainforma.it/notizia1476/Annunziata-il-ciclone-malasanit-da-allarme-rosso.html

Disabile per colpa dei medici, quattro milioni di euro di risarcimento

lunedì 12 dicembre 2016

Malasanita' nel Leccese

Malasanitànelleccese;odisseaperungiovanechemuoreperl’attesadiagnostica


11 dic 2016

Leccemalasanità

by redazione salute

Ha scatenato un vero putiferio mediatico, il caso di un trentasettenne di Martignano, piccolo comune del Leccese, deceduto dopo un calvario di degenze e diagnosi tra vari plessi ospedalieri. Il fatto è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica in seguito alla denuncia di Luigi Manca, vice Presidente della Commissione Sanità della regione pugliese.  Secondo una prima ricostruzione dei fatti l’uomo si sarebbe presentato al Pronto soccorso di un primo Ospedale con una emorragia cerebrale in corso: condizioni gravissime, dunque, alle quali bisognava immediatamente porre rimedio con un’angiografia, un esame diagnostico che avrebbe permesso di individuare con esattezza l’origine dell’emorragia. Ma lo strumento che consente di effettuare questo esame  non sarebbe stato in  funzione da un mese, in seguito a degli aggiornamenti tecnici.  Di qui la corsa verso un secondo Ospedale brindisino presso il quale  il 37enne è stato trasportato d’urgenza ma, per una incredibile fatalità, anche presso questa struttura lo strumento diagnostico è in tilt. Nulla da fare quindi, la corsa contro il tempo e contro il malfunzionamento delle apparecchiature è stata fatale. : il giovane è morto poco dopo. Dopo la denuncia di Manca, è scattata quindi una indagine della magistratura. La Procura vuole dunque far luce sul perchè i macchinari di entrambi gli Ospedali non erano in funzione e quali le responsabilità si celano dietro questo ulteriore caso di malasanità.

Fonte: 
http://www.farodiroma.it/2016/12/11/malasanita-nel-leccese-odissea-per-un-giovane-che-muore-per-lattesa-diagnostica/

giovedì 8 dicembre 2016

Pinze dimenticate nell' addome..

Una brutta storia di malasanità, che ha per protagonista un uomo di Dicomano: Mauro Cellini, 64 anni. Una storia che è stata raccontata alla trasmissione Mi Manda RaiTre, e che è stata poi rilanciata dai principali quotidiani.

Secondo Toscana Qui News, ad esempio, l’uomo era stato operato per due volte per un tumore al colon, la prima a novembre 2015, la seconda a luglio. Nella seconda operazione, avvenuta all’ospedale di Careggi, una pinza sarebbe stata dimenticata nel suo addome (pinza che è rimasta nel corpo dell’uomo per due mesi e mezzo fino a che è stato effettuato un terzo intervento per rimuoverla).

Fino a che un medico, che stava controllando una tac fatta qualche settimana dopo, ha notato la pinza. L’uomo, che per questo ha accusato anche una depressione, ora è seguito dall’avvocato di Ponte a Egola Giada Caciagli, referente toscana dell’associazione Risarcimento salute.

Secondo Qui News il programma Mi manda Rai tre avrebbe tentato anche una mediazione tra il paziente e l’ospedale Careggi con la presenza in collegamento del dottor Gian Aristide Norelli, direttore del dipartimento di medicina legale di Careggi.

Durante la trasmissione sarebbe anche stato spiegato che in seguito a questo caso è stata migliorata la procedura di controllo dei materiali usati durante le operazioni.

Per quanto riguarda il risarcimento Norelli avrebbe detto che, a fronte della richiesta, Cellini sarà visitato e sarà fatta una proposta. Affermando anche che Careggi non ha un’assicurazione ed è in regime di risarcimento diretto e che per definire tempistica e modalità occorre una richiesta in tal senso.

Leggi tutto: Pinze dimenticate nell'addome, vittima un dicomanese. Storia di malasanità ~ OK!Mugello 

Malasanità risarcimenti e consulenza

Vuoi verificare se hai subito un caso di malasanità? Ora puoi farlo, GRATIS! Ci occupiamo di malasanità, un settore nel quale (purtroppo) sono in costante aumento i casi che si verificano ogni anno. ART. 2043 CODICE CIVILE: « Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. » Possiamo agire in tutta Italia con il minimo impegno per voi e con la certezza che si procede solo se ci sono i presupposti. Niente cause che vi dissanguano. Velocita' e umanità nel gestire il caso. Il compenso ai professionisti solo a risarcimento avvenuto. Fai valere i tuoi diritti! Molte persone non sanno di essere vittime di malasanità e accettano rassegnate una vita diversa e deficitaria. Ma saranno proprio tutte vere le spiegazioni date dai medici? Verificalo (GRATUITAMENTE) e poi... senza che tu debba anticipare 1 euro Medici e Avvocati saranno al tuo fianco e lavoreranno per te, per farti risarcire. Il nostro compenso? solo DOPO che avrai incassato i soldi del tuo risarcimento (entro circa 6-12 mesi) www.risarcimenti-affiliati.com/sa16



Catania: bambino nato disabile

http://www.notizie.it/bimbo-nato-disabile-a-catania-le-sentenze/

martedì 6 dicembre 2016

No a parto cesareo per non sforare l' orario di lavoro, bambino con lesioni..!

Un gravissimo episodio di malasanità si è verificato a Catania. Tre dottoresse sono indagate perché, secondo la procura, avrebbero omesso di eseguire un parto cesareo per evitare di restare a lavoro oltre l'orario previsto. Ma il parto cesareo sarebbe stato necessario visti "i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi" dalle analisi. I medici, tra l'altro, secondo la procura avrebbero somministrato alla gestante "dell'atropina per simulare una inesistente regolarità nell'esame medico".

Questa procedura, e "il non avere informato della situazione i colleghi del turno successivo, avrebbe causato la nascita con lesioni gravissime al neonato". Questa è la grave accusa che viene contestata alle tre dottoresse, accusate anche di falso nella cartella clinica.

L'episodio risale a oltre un anno fa, il 2 luglio 2015. Le indagini sono scattate dopo la denuncia dei familiari. Il neonato, venuto al mondo con il cordone ombelicale attorno al collo, ha riportato
lesioni gravi: "Encefalopatia ipossico-ischemica, tetra paresi spastica, grave ritardo neuro psicomotorio, indebolimento del tronco neuroencefalico".

"Abbiamo sospeso immediatamente i tre medici - dichiara il manager dell'ospedale Santo Bambino, Paolo Cantaro - e stiamo cercando di sostituirli per continuare a dare un servizio pubblico in una struttura, come alla quale si rivolge ogni anno un imponente numero di donne e gestanti". Ed è stata avviata anche un'indagine interna per appurare quanto sia accaduto.

Fonte: http://m.ilgiornale.it/news/2016/12/06/malasanita-no-a-parto-cesareo-per-non-sforare-nellorario-di-lavoro-bim/1339671/

Diagnosi errata muore

Lo curavano alle emorroidi ma aveva un tumore: la vedova presenta un esposto Novità su un presunto caso di malasanità tra Pontedera e Pisa. Un 57enne la scorsa settimana è morto dopo più di un anno di sofferenze: curato come se avesse avuto un’infiammazione alle emorroidi, l’uomo in realtà era stato colpito da un tumore, scoperto ormai in fase terminale. La vittima era un odontotecnico pontederese e sua moglie ha presentato un esposto alla Procura, l’obiettivo della donna è che vengano accertate le responsabilità dei medici in questa vicenda. L’uomo è venuto a mancare qualche giorno fa all’Hospice di Pisa. La salma per adesso è sottoposta all’autopsia ed è stata sequestrata dall’autorità giudiziaria, come informa Il Tirreno. La moglie nell’esposto ha ricostruito la vicenda: l’odontotecnico ha cominciato a stare male nel 2014 e a causa del dolore ha perso anche il lavoro. Il medico di famiglia gli ha prescritto una cura per un problema alle emorroidi ma senza risultato, poi le condizioni si sono aggravate e solo l’anno scorso, dopo un consulto in una clinica privata, ha capito che lo stavano curando nel modo errato e che si trattava di una neoplasia.  

Leggi questo articolo su: http://www.gonews.it/2016/12/05/diagnosi-errata-muore-un-57enne-sequestrata-la-salma/

sabato 3 dicembre 2016

San Cipriano : una denuncia di un caso eclatante di malasanità



Il medico e l'infermiera gli angeli della morte 80 morti sospette

Leonardo Cazzaniga, il medico che si credeva Dio, e Laura Cazzaniga, che cresceva i figli come potenziali serial killer: l’orrore del Pronto Soccorso di Saronno

Il 30 giugno 2013 Massimo Guerra muore sul divano, davanti all’ingresso di casa. Da due anni l’uomo, che gestiva un’azienda agricola a Lomazzo, credeva di essere malato. E si curava a botte di farmaci che gli somministrava la moglie, Laura Taroni, da cui aveva avuto due bimbi. Solo che Massimo, secondo l’indagine choc della Procura di Busto Arsizio, non era malato: l’agonia che proseguiva dal 2011 sarebbe stata provocata da un lento avvelenamento deciso dalla Laura, da tempo ormai l’amante di Dio. Non quello biblico. Il suo Dio esercitava al pronto soccorso dell’ospedale di Saronno, nei panni del dottor Leonardo Cazzaniga. In quelle corsie nelle quali, a far corso dal 2012, teneva banco il “protocollo Cazzaniga”: una dose letale di farmaci da propinare all’ammalato di turno, quando lui, sentito dagli infermieri del reparto, diceva: «Con questo paziente dispiego le mie ali dell’angelo della morte». Almeno quattro vittime per gli inquirenti, ma le cartelle cliniche sequestrate in ospedale sono 80.
Un crocevia per l’inferno dove, pare, incredibilmente tanti sapevano, ma nessuno muoveva un dito. E a chi disobbediva, come l’infermiera che poi lo denunciò, profetizzava: «Tu da ora in avanti sei finita, io potrei ucciderti in qualunque momento». O, in toni solenni: «Non sei ancora morta? Morirai di cancro all’utero. Tu qui hai vita breve».
La madre di Lomazzo
Mentre il dio Cazzaniga vaticinava, la sua amante, Laura, il giorno del funerale di Massimo, passava sul proprio conto 2mila euro del suocero defunto e comperava un Iphone 4s, ultimo dei regali che si era concessa. E da allora capì come sbarazzarsi di chiunque le desse fastidio, con lui che la rassicurava, sostenendo che fosse stata un’idea “eccellente” far cremare i corpi del marito e pure della madre. Sia mai che qualcuno un domani avesse voluto indagare: «Dalla cremazione non possono capire niente».
Non l’unica idea di Laura. Le altre le spiegava ai suoi figli, Angelo blu e Angelo rosso li chiamava. E non a caso l’inchiesta dell’orrore è stata ribattezzata “Angeli e Demoni”, come il romanzo di Dan Brown. Diceva l’infermiera al suo bimbo che «poi la nonna Maria la facciamo fuori…La Nene la possiamo far fuori quando vogliamo e anche la zia Adriana». Voleva istruirli a compiere il delitto perfetto, a diventare dei baby serial killer: «A tua nonna e a tua zia non è semplice… A meno che non gli fai tagliare i fili dei freni a tua zia… Gli tiri l’olio dei freni… poi c’è tua zia Gabriella… Non sei abbastanza grande per poter… Non sei abbastanza grande!» Eh no, bisognava ragionare: «L’omicidio deve essere una cosa per cui non ti scoprono, se ti scoprono e vai in galera perdi anche la casa. L’omicidio perfetto è l’omicidio farmacologico…». Anche perché altri sistemi li aveva provati. Ma non funzionavano: «L’idraulico liquido non ha fatto una cippa. Gliel’ho buttato su apposta». Parlava dei pomodori di zia Irma, sordomuta e anziana. Secondo gli inquirenti aveva un elenco lungo così di parenti da far fuori. Ma con criterio, come spiegava ai suoi bimbi. Perché l’omicidio è una cosa seria: «E poi cosa avresti fatto? Le avresti fatte sparire così? Non è così semplice, sono grosse! L’umido da noi passa solo una volta a settimana (…) non abbiamo più neanche i maiali».
Sembra la trama di uno splatter, invece è dannatamente tutto vero. Almeno, le frasi. Compreso quel riferimento ai maiali, gli stessi che in un libro e in un film, Hannibal, avrebbero dovuto sbranare senza lasciar traccia il dottor Lecter.
L’ospedale
All’ospedale, frattanto, una dottoressa col contratto in scadenza metteva in chiaro le cose: «O mi assumete o faccio scoppiare un casino!» E cioè, sembra, portare alla luce il famigerato “Protocollo Cazzaniga”, quello di cui discuteva Giuseppe, dipendente appena sentito dai pm, con un collega, il 23 maggio 2015: «Li ammazzava?»
«Sì gli faceva il propofol a endovena».
«Oh mamma… ma tu basta?»
«No basta, basta»
«E secondo te è una terapia eccessiva?»
«Ca… l’ha ammazzato, l’ha ammazzato… l’ha ammazzato!»
«Ma lui lavora ancora lì?»
«L’ha ammazzato!»
«Ma non sa che ti hanno chiamato?»
«… è arrivato in pronto soccorso… non so cosa… gli ha fatto duecento milligrammi di propofol, venti milligrammi di morfina e sessanta milligrammi di midazolam… gli ha fatto una roba… cioè quella che aveva ucciso Michael Jackson».
Vuoi che uccida i bambini?
L’anestesista e l’infermiera li hanno arrestati dopo due anni di indagine. Ma è ben lontana dalle vicende di Angeli della Morte che vi abbiamo raccontato in passato. Somiglia più al delirio di coppia di Frederick Walter Stephen West e della sua seconda moglie Rosemary Letts, in Inghilterra, che in giardino seppellirono 11 persone, tra cui prima figlia e prima moglie di Frederick.
E l’oscurità in cui è avvolta questa storia è tale che i magistrati, dopo le prime cinque morti sospette, hanno deciso di andare fino in fondo, sequestrando prima 20, poi 50, ora 80 cartelle cliniche. Montagne di carte da studiare. E di morti da riesumare. Perché nessuno ha ancora capito chi abbiamo davanti. Di certo le parole inquietano, con Laura al suo dio in camice bianco diceva: «Io ogni tanto ho questa voglia di… di uccidere qualcuno… ne ho bisogno…». E lo ripeteva al figlio, cui spiegava di non soffrire affatto per la morte di papà, anzi: «Tu somigli a tuo padre e ti ammazzerò». Ma non lo faceva per spaventarlo. All’amante ne accennava spesso: «Se vuoi uccido anche loro. Sei l’uomo più importante del mondo».
Per fortuna, quella volta, l’uomo che si credeva dio fece la grazia: «No, i bambini no».
Edoardo Montolli



http://www.gqitalia.it/underground/2016/12/02/il-medico-e-linfermiera-gli-angeli-della-morte-80-morti-sospette/

giovedì 1 dicembre 2016

Il due per cento dei fondi sanitari in fumo per errori medici





Malasanità: il 2% dei fondi sanitari in fumo per errori medici

di Gabriella Meroni

 

Nei giorni in cui si parla della coppia di sanitari presunti killer, si apprende che secondo Eurobarometro, 1 cittadino europeo su 5 ha subito danni in famiglia a causa di errori sanitari, mentre in Italia si registrano 93 denunce di malpractice al giorno. Un fenomeno in continua ascesa che provoca costi medi pari a 2 miliardi l’anno. Ma sono tantissimi i medici accusati ingiustamente

Dilaga anche in Italia il fenomeno della medical malpractice, ovvero le denunce di errori sanitari che in tutta Europa sono aumentate del 38% negli ultimi cinque anni, secondo dati Eurobarometro. E sempre in Europa, il 23% dei cittadini dichiara di avere avuto personalmente o in famiglia problemi causati da errori medici, mentre il 68% ritiene che gli errori medici e di errata prescrizione dei farmaci siano tra i problemi più rilevanti di cui sono fortemente preoccupati, senza tener conto dell’alea terapeutica. Venendo all’Italia, sconvolta in questi giorni per il caso dei due sanitari presunti killer di Saronno, secondo un’indagine dell’ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), in un anno solare si registrano circa 34.000 denunce di cittadini per danni subiti da medici privati e nelle strutture sanitarie: oltre 93 in media ogni giorno.Considerato che un risarcimento si aggira tra i 25.000,00 e i 40.000,00 Euro, il costo economico della malpractice potrebbe giungere a superare i 2 miliardi di Euro l’anno, ovvero il 2% del FSN (fondo sanitario nazionale).

I medici, ovviamente, non stanno a guardare. E in mancanza di una legge specifica che affronti il problema del rischio professionale a 360 gradi, sanitario ma non solo, nascono reti di solidarietà come società di consulenza sulle polizze assicurative esistenti, che mettono a disposizione staff di legali convenzionati esperti del settore penale-sanitario, e si organizzano mobilitazioni per chiedere l’obbligo assicurativo per le strutture ospedaliere e un monitoraggio che faccia prevenzione e riduca il rischio clinico.

Non solo. Esiste anche una combattiva associazione, Amami, che riunisce 35mila medici accusati ingiustamente di malpractice. «Riceviamo quotidianamente richieste da parte di medici interessati a prevenire eventuali contenziosi», dichiara il dottor Maurizio Maggiorotti, chirurgo ortopedico e presidente dell’Associazione. «Siamo stanchi degli “avvoltoi della malasanità”che incentrano il loro business sul contenzioso medico/paziente, garantendo, tramite vere e proprie campagna pubblicitarie, risarcimenti facili e cospicui anche per cause senza alcun fondamento». In Italia – sottolineano ancora da Amami - non esiste un Osservatorio dell'errore medico, e gli unici dati reali sul fenomeno risalgono al 2010, quando, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, l’associazione raccolse i dati statistici emersi da dieci anni di attività della Procura di Roma: ebbene, su 100 medici indagati solo 1 risultò colpevole e venne giustamente condannato.

http://www.vita.it/it/article/2016/12/01/malasanita-il-2-dei-fondi-sanitari-in-fumo-per-errori-medici/141802/