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martedì 7 febbraio 2017

Tubercolosi presa per polmonite


GALLIPOLI - L'incubo di un'intera famiglia del sud Salento comincia cinque anni fa: una tubercolosi non curata in ospedale che ha infettato tutti. Ora è partita l'inchiesta della magistratura, dopo la denuncia depositata in procura nel 2016, ed è stato disposto l'incidente probatorio. In ospedale si sono accorti dopo quattro anni che l'uomo che si era rivolto al nosocomio di Gallipoli era affetto da una tubercolosi, curata come se fosse una polmonite. Tutto comincia il 20 agosto del 2012, quando un padre di famiglia, tormentato dai dolori al torace, si sottopone ad una risonanza magnetica presso lo Studio di Radiologia “Mangione” di Aradeo. La diagnosi parla di lesioni ai polmoni. L'esito allarmante ha convinto il paziente a ricoverarsi con urgenza nell'ospedale Sacro Cuore di Gallipoli.

I dati raccolti in ospedale spiegano che da circa 10-15 giorni il paziente accusa dolore alla base dell’emitorace e che ha assunto antibiotici senza migliorare. Gli esami in ospedale confermano l'allarme: ci sono lesioni evidenti. Il guaio è che la videobroncoscopia viene effettuata con uno strumento pediatrico, ma il paziente ha 45 anni. L'analisi microbiologica rileva "rarissimi macrofagi e granulociti”. L'esito del test  da micobatterio della tubercolosi è positivo, eppure nessuno si preoccupa di metterlo in quarantena o in qualche tipo di isolamento, secondo le regole dettate dal Ministero della Salute.

Altro elemento che lascia a dir poco basiti in questa vicenda è che il paziente viene dimesso con una diagnosi di: “Opacità escavata in apice polmonare destro e opacità polmonari bilaterali”. Le sole indicazioni che allo stesso vengono date in occasione delle dimissioni sono: controllo ematochimico a 7 giorni, poi ad ulteriori 15, poi ad ulteriori 21, poi ad ulteriori 28 con follow-up più completo a due mesi. Gli viene prescritta anche una terapia farmacologica antibiotica, associata a lavaggi nasali. L'uomo crede di aver contratto una brutta polmonite e torna a casa e a lavoro spargendo ovunque la tubercolosi. I primi a pagarne le spese sono i suoi familiari: tutti infettati. Nonostante le medicine ingerite, il paziente non guarisce e continua negli anni a sottoporsi a nuovi esami.

Quattro anni dopo, il 9 maggio del 2016, il paziente decide di approfondire la faccenda con ulteriori esami e visite nell'ospedale di San Cesario: a questo punto scopre che la situazione è gravissima. Si tratta di tubercolosi polmonare bacillifera: il guaio è che l'esatta diagnosi arriva a 4 anni di distanza. È tardi. A Lecce il paziente scopre che si tratta di tubercolosi da contagio: scattano i protocolli di sicurezza e i controlli su tutti i familiari, amici e colleghi di lavoro. La sofferenza riguarda anche moglie e figli costretti a una lunga terapia per distruggere la tbc. Intanto, i polmoni del paziente più grave sono seriamente compromessi.

La famiglia è difesa dall'avvocata Maria Greco, che accusa il personale dell'ospedale di Gallipoli di lesioni colpose gravissime in cooperazione: secondo l'accusa, se i sanitari non avessero lavorato con imperizia, se avessero seguito scrupolosamente i protocolli sanitari nazionali, il paziente non si sarebbe aggravato, non avrebbe sofferto così tanto e la sua famiglia si sarebbe potuta salvare. Adesso il danno  è enorme: la tubercolosi può incubare per anni per poi esplodere all'improvviso. Ora spetterà ai giudici chiarire le responsabilità e risarcire una famiglia completamente devastata fisicamente e psicologicamente.

Fonte:http://www.affaritaliani.it/cronache/malasanita-tubercolosi-presa-per-polmonite-infetta-tutta-la-famiglia-462487.html

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